Archivio Magnini

Dibattiti e interventi - Cultura

1985 - Polemica sulla Sagra Musicale Umbra


La Nazione - 20 settembre 1985

La Sagra Musicale deve essere regionale. Scoppia una polemica?

Tende a diventare più aspra la polemica sorta intorno al «cartellone» della prossima «Sagra musicale umbra» e rinfocolata dall'intervento, non proprio felice, della «Famiglia Perugina».
Cesare Durante, che per primo aveva rivendicato un ruolo regionale dell'importante manifestazione musicale, torna in argomento con considerazioni che non consentono repliche.
Per Durante la nota della «Famiglia» ripresa nella stagione contiene «piramidali» assurdità, quale quella per la quale «ogni manifestazione dell'uomo ha un senso solamente se espressa nell'ambito di chi l'ha creata».
«D'ora in avanti - sottolinea Durante - secondo i dettami della «Famiglia» andremo ad ascoltare Mozart a Salisburgo, Bach a Lipsia, Wagner a Bayreuth e Verdi a Roncole di Busseto.
E non basta. La «Famiglia» accusa i contestatori di tentato furto di una manifestazione musicale la cui naturale collocazione è naturalmente Perugia. Il pistolotto della benemerita associazione dei grifoni «bene» si conclude con assurdi paragoni con il Cantamaggio ternano, la Quintana di Foligno, la festa dei ceri a Gubbio e perfino la fiera del cavallo di Città di Castello.
Anziché ghignare di questa forma di infantile campanilismo di tipo paranoico, preferisco rispondere con una serie di fatti seri ed inconfutabili».
Durante ricorda che la sagra nacque a Perugia nel 1937 per iniziativa del conte Guido Visconti di Modrone e fu ripresa dopo la seconda guerra mondiale, ad opera del maestro Siciliani; che l'allora presidente della Sagra, avvocato Zaganelli, tentò la costituzione di una associazione Sagra musicale umbra con relativo statuto in cui si ricordava che scopo dell'associazione era quello di «organizzare ogni anno in Umbria manifestazioni artistico musicale prevalentemente ispirate alla presenza religiosa nella musica».
Un ultimo appunto Durante lo riserva, per il budget della sagra: «Non ci risulta che l'ingentissimo costo della manifestazione sia sostenuto per intero dal comune di Perugia né dai membri della «Famiglia».
Risulta invece che la maggior parte delle spese è sostenuta dal ministero del turismo e dello spettacolo e dalla regione dell'Umbria. Vengono impiegati, quindi, denari del contribuente italiano, e umbro in particolare. E' poi semplicemente mostruoso bruciare un concerto del costo di circa mezzo miliardo in un'unica esecuzione per 800 spettatori (di cui quanti paganti?).

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Corriere dell'Umbria 18 settembre 1985

La città ora rivendica la sua Sagra Musicale

Appassionata difesa della Famiglia Perugina

«Questa Sagra musicale non è umbra, ma perugina». E' la lamentela venuta dalle città di Terni e Spoleto che si sentono boicottate o forse raggirate dalla prestigiosa manifestazione che 40 anni fa sbagliò decidendo di farsi chiamare «umbra».
Almeno questa sembra la tesi della «Famiglia Perugina» che in un documento difende la peruginità della «Sagra musicale umbra» - per la cui tutela la Famiglia Perugina si è sempre battuta - quest'anno si riqualifica: e pur ristretta nel tempo - si afferma nella nota - conserva qualità e perde l'itineranza: quest'anno si svolgerà interamente nella sua culla naturale, cioè Perugia.
Sappiamo che altrove sono in proposito già sorte proteste e sappiamo che questa nostra difesa,visto il pulpito da cui proviene, sarà ritenuta istituzionale e d'ufficio. Ed invece risponde ad elementari principi di giustizia e di logica.
Di giustizia, perché accaparrarsi l'altri equivale ad appropriazione indebita.
Di logica, perché ogni manifestazione dell'uomo ha un senso solamente se espressa nell'ambito di chi l'ha creata. Tanto per dire: il Palio trasferito da Siena perderebbe tutto il suo sapore e diverrebbe una pagliacciata.
Ci rendiamo conto - prosegue la Famiglia Perugina che siamo in epoca di rivendicazioni dell'altrui e di fronda da parte dei vicini nei confronti di Perugia accusata di monopolio. E così ciascuno richiede un pezzo delle sue creazioni: chi un po' della sua università, chi dei suoi stranieri, dei suoi musei, dell'Umbria Jazz, del Teatro in Piazza, della Sagra Musicale appunto. Ma appare, oltre che errato, non conforme neppure alle norme di comportamento. Non risulta infatti - prosegue l'associazione del capoluogo - che Perugia abbia mai chiesto a Spoleto di cedergli un po' del suo Festival, a Terni del suo Calendimaggio (c'è un po' di confusione? n.d.r.), a Foligno della Quintana, ad Orvieto della Palombella, a Gubbio della Festa dei Ceri o a Città di Castello della Fiera del Cavallo.
Né che Perugia abbia protestato se il nome «Sagra» nato qui con la musica, sia poi stato in Umbria accaparrato da tutti con prodotti vari: dal sedano al finocchio. Rifacendoci, insomma, a quell'aureo 'unicuique suum' col quale mirabilmente i romani sintetizzarono il diritto, lasciateci almeno - conclude la Famiglia Perugina - la nostra sagra, quella autentica e originaria, quella musicale appunto».

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Il Messaggero 18 settembre 1985

Giù le mani dalla Sagra

Le polemiche sulla mancata itineranza erano già nell'aria E ora c'e una provocatoria posizione della Famiglia Perugina

La Sagra è nostra e guai a chi ce la tocca: e quanto più o meno afferma la Famiglia Perugina con una pepata presa di posizione che se non altro ha il pregio di parlare chiaro.
E' evidente che a questo punto quanti più o meno sommessamente criticavano il fatto che una Sagra «umbra» non potesse svolgersi soltanto a Perugia, vengono indirettamente invitati dalla Famiglia Perugina ad uscire allo scoperto e portare le loro ragioni. La polemica è aperta.
Per intanto la Famiglia si congratula con la decisione relativa alla perdita della itineranza da parte della Sagra e per il fatto che ritorna «nella sua culla naturale, cioè a Perugia». Ed afferma senza mezzi termini che questa è stata una operazione di giustizia e di logica. «Di giustizia, perché accaparrarsi l'altrui equivale ad appropriazione indebita; di logica, perche ogni manifestazione dell'uomo ha un senso solamente se espressa nell'ambito di chi l'ha creata».
Certo, sono queste motivazioni che faranno senz'altro discutere: un'obiezione alla seconda si può immediatamente levare. Come si può affermare che ogni manifestazione dell'uomo ha un senso soltanto se espressa nell'ambito di chi l'ha creata? Forse che qualsiasi espressione artistica non è valida universalmente?
Ma la Famiglia Perugina non ha dubbi in proposito: «Il Palio trasferito da Siena perderebbe tutto il suo sapore e diverrebbe una pagliacciata». E giù con altre accuse: «Ci rendiamo conto, dicono quelli della Famiglia Perugina, che siamo in epoca di rivendicazioni dell'altrui e di fronda da parte dei vicini nei confronti di Perugia accusata di monopolio. E così ciascuno richiede un pezzo delle sue creazioni: chi un po' della sua Università, chi dei suoi Stranieri, dei suoi musei, dell'Umbria Jazz, del Teatro in Piazza, della Sagra musicale appunto. Ma appare, oltre che errato, non conforme neppure alle norme di comportamento».
La «tirata» della Famiglia Perugina conclude chiamando direttamente in causa le altre città umbre che hanno ospitato o ambirebbero ad ospitare parte della Sagra: «Non risulta infatti che Perugia abbia mai chiesto a Spoleto di cedergli un po' del suo Festival, a Terni del suo Calendimaggio, a Foligno della Quintana, ad Orvieto della Palombella, a Gubbio della Festa dei Ceri od a Città di Castello della Fiera del Cavallo. Né che Perugia abbia protestato se il nome di Sagra nato qui con la musica, sia poi stato in Umbria accaparrato da tutti con prodotti vari: dal sedano al finocchio.
«Riferendoci insomma all'aureo unicuique suum con il quale mirabilmente i romani sintetizzarono il diritto, lasciateci almeno la nostra sagra, quella autentica ed originale, quella musicale appunto».

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La Nazione 22 settembre 1985

Porrazzini, Sagra e «citta-regione»

In merito alla scelta del capoluogo regionale quale unico «contenitore» della Sagra musicale umbra, il sindaco di Terni ingegner Porrazzini ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Mentre si apre la quarantesima edizione della Sagra musicale umbra, alla quale auguro il più vivo successo, ritengo necessario esprimere qualche valutazione sulle polemiche seguite alla scelta di Perugia, quale unica sede del ciclo di concerti in cui si struttura la Sagra, spintovi, in particolare, da talune sorprendenti teorizzazioni svolte sulla discussa scelta, quali quelle attribuite al sodalizio denominato Famiglia perugina».
La predetta «Famiglia» infatti, secondo quanto riferito dalla stampa locale è andata sostenendo l'esistenza di una sorta di diritto naturale di esclusiva della città di Perugia nella organizzazione e fruizione di manifestazioni di rilevante valore culturale tra le quali oltre la Sagra musicale, Umbra jazz ecc.
Non dirò come pure è stato argomentato in questi giorni, che chiunque dovrebbe affrontare con maggiore prudenza il tema del rapporto fra il capoluogo ed il «resto» della regione quando il tema attiene iniziative che impegnano ingentissime risorse nazionali e regionali, infatti, non mi pare questa, pur essendo fondata, la questione essenziale.
Il problema riguarda, invece, una concezione ed un modo di vivere la dimensione civile e culturale dell'Umbria.
Per una regione, piccola ma dalla ricchissima e articolata struttura urbana, prodotta da vicende storiche e da vocazioni anche assai diverse, credo che la prospettiva di divenire e di organizzarsi quale «città-regione» non appartenga al miraggio della utopia ma all'orizzonte di un concreto impegno culturale e politico.
All'Umbria, entità geografica sino agli anni '70, alle sue popolazioni e alle sue istituzioni si offre la possibilità di costruire consapevolmente un'identità regionale, capace di valorizzare tutte le autonome risorse di questa terra, attraverso la organizzazione e la politica di «occasioni di vita regionale», sempre più coerenti e significative.
Alla costruzione di queste occasioni dello stare idealmente insieme e del riconoscere appartenenti a comuni valori, sensibilità, progetti, credo che grandi manifestazioni culturali come la Sagra musicale umbra o come Umbria Jazz possono offrire un grande contributo.
Il problema perciò è interrogarsi sulla possibilità - improbabile - di unificare «verso l'alto» l'Umbria e gli umbri tramite l'affermazione di un ruolo egemone del capoluogo o su quella auspicabile e - credo - realistica di far vivere l'Umbria delle cento torri e dei cento campanili (e delle ciminiere) come un unico corpo; una città regione. Certo la città di Perugia anche per questa prospettiva ha un grande ruolo di promozione e di guida da svolgere.
Se queste polemiche di fine estate sulla Sagra musicale offriranno a tutti i protagonisti lo spunto per tornare a riflettere su questi problemi che riguardano l'identità e l'iniziativa delle istituzioni e delle varie componenti della comunità umbra, potranno essere ricordate come polemiche utili.
Per la Sagra, infatti, credo siano da ritenere adeguate le motivazioni portate dal presidente Casoli, sindaco di Perugia, circa le difficoltà di carattere economico e logistico che hanno indotto gli organizzatori per questa edizione a concentrare su Perugia le iniziative.
Ritengo soprattutto valido l'impegno di Casoli teso a promuovere rapidamente una riforma dello statuto della Sagra musicale che consenta una partecipazione organica e responsabile di altre realtà territoriali ed istituzionali della Regione. Così più sostanzialmente la Sagra potrà dirsi «Umbra».

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